Jole De Cillia Paola

 

Nata ad Ampezzo (Udine) il 23 gennaio 1921, morta a Tramonti di Sotto (Pordenone) il 9 dicembre 1944, infermiera, Medaglia d'argento al valor militare alla memoria.

La madre di Jole era carnica e il padre era un falegname di Mereto di Tomba (UD). Nel 1924, come migliaia di altre famiglie friulane, i De Cillia emigrarono in Francia, dove la ragazzina dopo aver frequentato le elementari e le medie seguì un corso per infermiera. 

Nel 1940, con lo scoppio della guerra, i De Cillia tornarono in Italia e Jole, assunta all’ospedale di Udine, fu impiegata nel reparto “Forlanini”, dove venivano curati i malati di tbc. Al Forlanini la ragazza conobbe Fidalma Garosi, pure lei infermiera, e si unì al gruppo di antifascisti dell’ospedale che, dal 1942, aiutavano i partigiani sloveni, attivi nel Friuli orientale, rifornendoli di medicinali sottratti alla casa di cura. 

Il 10 ottobre del ’43 la De Cillia e la Garosi decisero di salire insieme in montagna e a Canebola, sopra Faedis, si unirono ad un gruppo di partigiani garibaldini ed assolsero al compito di curare i feriti e di svolgere propaganda tra le donne del posto. A metà novembre del 1943 un grande rastrellamento nazifascista costrinse i partigiani a scendere in pianura e l’impegno di Jole e della sua amica fu quello di staffetta. Vi assolsero con grande diligenza sino a che un gappista, che era riuscito ad entrare, come elettricista, nel comando delle SS di Udine, vi trovò un documento con i nomi di Jole e della sua amica. 

Per sottrarsi alla cattura le due ragazze decisero di risalire sui monti. Anche in montagna Jole continuò nel suo impegno spostandosi tra lo Spilimberghese, la Val Tramontina e la Carnia facendo l’infermiera, occupandosi della diffusione della stampa clandestina, promovendo la costituzione dei Gruppi di difesa della donna. Nell’estate del 1944, quando la fine della guerra pareva ormai vicina e ovunque sorgevano le “Zone libere”, Jole e Fidalma parteciparono alle riunioni della Giunta di governo della Carnia e dell’Alto Friuli, portandovi la voce delle donne.

Quando l’arresto degli Alleati sulla Linea Gotica fece capire alle forze della Resistenza che la lotta armata non era ancora finita e si decise il ritorno dei patrioti sulle montagne “Paola” (questo il nome di copertura di Jole) decise di raggiungere a Palcoda (un villaggio abbandonato sopra Tramonti) il suo innamorato Giannino Bosi che, con nome di battaglia “Battisti”, comandava il Gruppo Brigate Garibaldi Sud. 

Giannino, un ginocchio gonfio per una caduta, non poteva camminare e Jole restò al suo fianco e fu con lui sorpresa dall’assalto notturno di un battaglione della X MAS. Allorché Bosi si suicidò per non cadere in mano al nemico, Jole De Cillia raccolse il mitra del fidanzato, sparò contro i fascisti e, come lui, si uccise. Il giorno dopo i repubblichini del battaglione “Valanga” eliminarono, dietro il cimitero di Tramonti di Sotto, dieci combattenti delle Brigate Garibaldi Sud, caduti nelle loro mani.

da: ANPI Donne e Uomini della Resistenza

 


 

Giuseppe Mariuz

Il coraggio di “Paola”: l’ideale della libertà più forte anche della propria vita

 

Pàlcoda, villaggio discosto e abbandonato della Val Tramontina, 8 dicembre 1944. Sotto la pressione a tenaglia delle truppe nazifasciste che con cannoni, artiglieria, armi automatiche e mezzi corazzati compiono da una decina di giorni un rastrellamento contro le formazioni partigiane, un gruppo di cinquanta garibaldini che non vogliono abbandonare il loro comandante di brigata “Battisti” trova un provvisorio rifugio. Con loro c’è “Paola”. Tra lei e il comandante è nato in estate un forte sentimento d’amore che nessuna difficoltà potrebbe infrangere.

Il borgo è stato incendiato qualche giorno prima dai tedeschi, che però non hanno trovato i viveri nascosti dai partigiani sotto una cantina, in previsione di un loro alloggiamento invernale. “Battisti” ha un ginocchio gonfio e dolorante a causa di una caduta ed è febbricitante. Non può muoversi. Non è nemmeno ipotizzabile una difesa a oltranza sul posto. Dà disposizione ai suoi uomini di defilarsi durante la notte.

 

Supplica “Paola”: «Vai anche tu, tu che puoi continuare la lotta, quanto a me stai certa che non mi prenderanno vivo». “Paola” stavolta non ubbidisce, gli resterà a fianco. Rimangono anche una decina di partigiani, che lo aiutano a riparare su una grotta poco sopra il villaggio e tornano a presidiarlo. Nella notte, dei razzi illuminanti segnalano un attacco: è il battaglione fascista “Valanga” della X Mas. Nasce un violento scontro a fuoco.

“Battisti” zoppicando e sorretto da “Paola” scende dal riparo, spara col suo mitra contro i fascisti e cade crivellato dai colpi. “Paola” raccoglie l’arma, spara a sua volta e cade accanto al suo uomo. È l’alba del 9 dicembre. Oltre ai morti in combattimento, dieci partigiani catturati saranno fucilati dai fascisti il giorno seguente a Tramonti di Sotto.

La partigiana “Paola” era Jole De Cillia. Nata ad Ampezzo il 29 gennaio 1921, prima di sette fratelli, è ancora bambina quando nel 1924 emigra coi genitori in Francia, prima in Piccardia e poi nella regione parigina dove suo padre trova un lavoro di falegname. Jole frequenta le scuole dell’obbligo, poi prosegue gli studi e si diploma infermiera. Dopo l’occupazione tedesca della Francia, suo padre Zoilo, socialista, viene deportato in Germania; la famiglia deve rientrare in Italia e si stabilisce a Savalons di Mereto di Tomba.

Jole è una donna colta e indipendente, già orientata politicamente grazie al padre e alle vaste letture. Trova occupazione come infermiera diplomata prima alla clinica Quarantotto e poi all’ospedale di Udine. Qui entra in contatto con lavoratori antifascisti e inizia l’attività politica diffondendo fogli di stampa clandestina e raccogliendo medicinali per i partigiani sloveni, già attivi nel Friuli orientale.

Nell’ottobre del 1943, segnalata alla polizia e avvertita di ciò, evita l’arresto e raggiunge con la compagna “Gianna” (Fidalma Garosi) il battaglione garibaldino “Friuli” a Canebola.

Le due donne devono subito imporsi rispetto a una mentalità maschile che le vorrebbe relegare a ruoli subalterni. Si impongono: «Noi faremo il lavoro che fate voi, andremo in azione, faremo anche i nostri turni in cucina, laveremo, come voi. Se no, è inutile che si sia venute quassù” (testimonianza di “Gianna”).

Data la competenza professione, quando arrivano i primi feriti sono loro a occuparsene, allestendo a Canebola un vero e proprio ospedaletto, il primo del genere nella regione.

Jole era gentile e affabile, ma anche severa, ordinata, tenace; comunista per scelta accanto ai poveri e ai lavoratori, religiosa per un bisogno spirituale.

Dopo il rastrellamento tedesco di metà novembre 1943, i partigiani sono costretti a scendere in pianura e “Paola” prosegue l’impegno come staffetta. Avvisata che le SS la stanno cercando, in primavera sale nuovamente in montagna con la inseparabile compagna “Gianna”, stavolta più a occidente, fra la Val d’Arzino e la Val Meduna. Attivissima, si occupa della cura dei partigiani feriti e dei collegamenti con gli ospedali di Udine e Pordenone dove ci sono molti medici che collaborano col movimento partigiano; raccoglie informazioni sugli spostamenti dei tedeschi e dei fascisti e sulla loro consistenza numerica; cura la redazione e la diffusione del giornaletto “La donna friulana”.

“Paola” e “Gianna” (che mantengono il nome di battaglia di copertura per non coinvolgere familiari e conoscenti nella repressione nazifascista) promuovono la costituzione e dirigono i “Gruppi di difesa della donna”, organizzazione capillare (oltre 800 donne solo fra Spilimberghese e Maniaghese) che aiuta la resistenza e propone tematiche femministe di liberazione da quell’inferiorità sociale e politica in cui l’Italia liberale prima e fascista dopo aveva relegato le donne.

Nell’estate del 1944, quando la fine della guerra pare ormai vicina e sorgono le “Zone libere”, “Paola” e “Gianna” partecipano alle riunioni della Giunta di governo della Repubblica della Carnia e dell’Alto Friuli (la più vasta d’Italia), portandovi la voce delle donne.

In quel periodo nasce il sentimento fra “Paola” e “Battisti” (Giannino Bosi), che li porterà insieme a combattere e a morire. A Giannino Bosi verrà conferita la medaglia d’oro al valor militare, a Jole De Cillia soltanto quella d’argento.

14 agosto 2020 M.V.